CHIESA DI SANT’AGOSTINO
La chiesa fu fondata dagli Eremitani di regola agostiniana nel 1338 e rinnovata tra il 1662 e il 1663 per volontà della duchessa reggente Laura Martinozzi, che ne patrocinò la trasformazione per celebrarvi i funerali del marito Alfonso IV. L’edificio attuale è dunque il risultato dell’imponente fusione tra linguaggio gotico, leggibile nella sua struttura generale, e la pomposità barocca degli ornamenti che ne impreziosiscono l’interno. La facciata, spoglia ed austera, è animata da un rosone cinquecentesco con cornice in cotto e introduce alla sfarzosità dell’apparato decorativo dell’imponente navata unica e del profondo presbiterio.
Su disegno dell’architetto bolognese Gian Giacomo Monti, alle originarie murature in laterizio dell’interno si sovrappone un immaginifico partito architettonico, che attraverso un sapiente uso delle colonne libere anima le pareti dell’aula con sei altari (tre per lato), oltre ai due dello pseudo-transetto.
Il densissimo apparato decorativo, che dalla controfacciata termina nell’area presbiteriale, si sviluppa secondo una successione che illustra, tanto nella ricca partitura in stucco, che nelle pitture della navata, del presbiterio e dell’abside, un’iperbolica sequenza di sovrani, imperatrici, re e regine, santi e beati, vescovi e papi legati alla casa d’Este. Questo erudito programma iconografico, ideato dal gesuita Domenico Gamberti, è dunque manifestazione delle aspirazioni degli Este e testimonia l’intreccio della loro gloria divina con quella terrena. Il cantiere vide coinvolti i principali artisti di corte, tra i quali Olivier Dauphin, Sigismondo Caula, Francesco Stringa, Lattanzio Maschio e Giovanni Lazzoni.
La chiesa, capiente e strategicamente in prossimità della via Emilia, fu trasformata per diventare sede ufficiale dei funerali ducali e Pantheon degli Este. Nel 1659, prima ancora del completamento del suo decoro “stabile”, era stata palcoscenico delle esequie di Francesco I d’Este. Per quel “funeral teatro” vennero progettati decori provvisori per la facciata e per la navata, che terminava in un monumentale catafalco (un tempietto a pianta centrale che ospitava la salma del duca). Questi apparati effimeri, utilizzati soprattutto in epoca barocca in occasione di particolari avvenimenti celebrativi come trionfi e feste religiose, erano realizzati con materiali di facile e rapida lavorazione, quali il legno e lo stucco che dovevano simulare metalli e marmi preziosi. Smontati al termine delle cerimonie per essere spesso riciclati in analoghe occasioni, questi decori sono sopravvissuti solamente attraverso incisioni e resoconti dell’epoca. È questo il fortunato caso dei sontuosi funerali di Francesco I, fedelmente descritti ed illustrati nell’“Idea di un prencipe et eroe christiano”, opera monumentale composta dal già citato padre Gamberti.
“Sogno o son deste” farà rivivere proprio gli apparati effimeri creati per il tragico avvenimento seicentesco proiettando tali decorazioni sulla facciata della chiesa.
Attualmente l’edificio custodisce numerose opere d’arte tra le quali meritano di essere ricordate il “Compianto sul corpo di Cristo”, terracotta del 1530 attribuita ad Antonio Begarelli, ed il frammento d’affresco di una Madonna con Bambino del XIV secolo, proveniente dalla precedente chiesa ed attribuito a Tomaso da Modena.


